martedì 12 dicembre 2006
Arriba l'homo novus! ! ! è solo questione di tempo ormai.
giovedì 30 novembre 2006
Allora supponiamo che io sia uno eletto a funzione di governo, un sindaco, un presidente di provincia, un governatore, ho avuto una campagna elettorale complicata, difficile, costosa, ho avuto i miei ambienti di riferimento, amici, sostenitori, squadre di volontari, imprenditori vicini a me, adesso si aspettano che io dia delle risposte, niente di illecito, beninteso, ma c’è l’imprenditore che vuole il sostegno all’impresa, l’associazione di volontari che vuole l’affidamento del servizio sociale, tutta…allora io che faccio, mi rivolgo al dirigente, dirigente messo là da una giunta precedente, persona per bene, rigorosa, onesta, pignolo, spacca il capello in quattro, osserva le virgole, dice che la Pubblica Amministrazione non deve fare nessun favoritismo, dirigente come tutti i cittadini vorrebbero naturalmente, però per me è un problema. Che cosa posso fare? Lascio lì il dirigente però riorganizzo l’amministrazione. Prendo pezzi degli uffici, li sposto, faccio un altro dipartimento, un’altra area. Le cose che mi interessano le metto da un’altra parte quindi il dirigente sta là ma non si occupa più delle cose mie. A capo di questa nuova struttura metto un nuovo dirigente, un esterno assunto a contratto, naturalmente un amico mio. Nei procedimenti che mi interessano, che producono gli atti che mi interessano metto un comitato di esperti. Naturalmente, nel comitato di esperti lì sono tutti amici miei. Posso fare ancora un’altra cosa: prendo un pezzo di attività che mi interessa, lo esternalizza per così dire. Lo metto in una società a partecipazione pubblico -privato, in una spa nella quale io partecipo come ente. Mi nomino il presidente, mi nomino i consiglieri di amministrazione, in tutto o in parte, revisori, sindaci e quindi sempre amici miei, beninteso, gente di cui mi fido e poi come effetto collaterale se devono svolgere questa attività magari fanno un po’ di assunzioni, faccio assumere quei 30/40 giovanotti che mi hanno dato una mano ad attaccare i manifesti in campagna elettorale. In tutto questo non c’è nessun illecito diciamo. Io non firmo una carta, non tocco nessuno, non ci sono tangenti, non ci sono mazzette, si orienta l’amministrazione verso un risultato che è quello della produzione del consenso.
lunedì 27 novembre 2006
Catanzaro, «per le valutazioni di sua competenza in ordine ai rilievi formulati dall’opponente sul conto del pm. […] pesanti illazioni le quali assumono indubbia rilevanza penale». L’incredibile vicenda ha un post scriptum. Il 6 giugno la procura formula l’imputazione coatta contro l’ex giunta di Bubbico, nel frattempo promosso sottosegretario del governo Prodi. Due giorni dopo il sostituto pg Gaetano Bonomi viene ripreso dal Tg3 regionale in prima fila all’assemblea per l’elezione del nuovo segretario regionale dei Ds, mentre scherza e chiacchiera amabilmente con il neoimputato Bubbico. Ma i due magistrati non suscitano soverchie attenzioni nel ministro Mastella e nei suoi attivissimi ispettori, né tantomeno nel pg Tufano, che hanno occhi solo per Woodcock e Iannuzzi. Di Tufano, finora, si sono occupati solo i cinque consiglieri del Csm di Magistratura democratica (Menditto, Marini, Civinini, Salmè e Salvi), che hanno chiesto di aprire due pratiche sul caso Potenza: una «a tutela» di Woodcock, l’altra pr trasferire Tufano. Il quale – scrivono – «avrebbe inviato numerose note al ministro della Giustizia per verificare l’operato dello stesso pm e del procuratore della Repubblica, oltre che del gip che ha emesso la misura cautelare. Dette note sarebbero state inviate dal dottor Tufano all’esito di una attività, definita dalla stampa “indagine interna”, che avrebbe interessato non solo i magistrati requirenti, ma anche il gip, la cui vigilanza com’è noto è attribuita ai presidenti del Tribunale e della Corte d’Appello». Giuseppe Galante, procuratore capo. L’uomo che ha denunciato Woodcock al Csm il 20 giugno per non avergli fatto vistare le richieste d’arresto per Savoia &C. è lo stesso che fino al giorno prima dichiarava ai giornali: «Woodcock è un bravo magistrato e un fine segugio, mi ha tenuto costantemente informato del progresso delle indagini, ha lavorato bene, ci sono le prove di reati gravi, ero d’accordo le richieste di custodia cautelare». Perché non aveva chiamato Woodcock, cha ha l’ufficio a dieci metri dal suo, per firmare la richiesta d’arresto? E perché, appena il Riesame ha confermato la «solidità dell’impianto accusatorio» dell’inchiesta, è tornato ad elogiare il pm che aveva appena denunciato al Csm? Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica. Il 20 giugno, nel pieno delle indagini e degl’interrogatori, l’Ansa informa che il Quirinale ha chiesto e ottenuto «una informativa dal Csm sui fascicoli riguardanti il pm Woodcock». Immediata l’esultanza dei vari Rotondi e Cicchitto, seguita dall’annuncio dell’ispezione mastelliana. A memoria d’uomo, non si ricordano casi analoghi di capi dello Stato che s’interessano al fascicolo di un singolo magistrato nel pieno di un’inchiesta così delicata. Qualcosa di simile si verificò nell’estate del ’92, quando Craxi estrasse un dossier sul conto dell’allora pm Di Pietro. Ma Craxi era un semplice segretario di partito, e il dossier non proveniva dal Csm, bensì dalle fogne di qualche servizio deviato. Clemente Mastella, ministro della Giustizia. Non dice una parola sulla gravità degli scandali emersi a Potenza, ma in compenso esterna ogni santo giorno contro i pm che li hanno scoperti. E sguinzaglia i suoi ispettori alla procura di Potenza, nel pieno delle indagini e degli interrogatori, per ben due volte in meno di un mese: il 20 giugno su richiesta del pg e del procuratore nazionale antimafia Grasso; e il 12 luglio su sollecitazione del prefetto e del ministro dell’interno Amato. Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia. Anche lui ha voluto dare il suo contributo all’attacco ai magistrati potentini, segnalando al Csm un presunto errore nell’ordinanza di custodia per Vittorio Emanuele: lì si afferma che il «principe» progettava di acquistare i beni sequestrati alla mafia grazie al contatto con una persona della Direzione nazionale antimafia (Dna); invece, secondo Grasso, nell’intercettazione il Savoia parla di Direzione investigativa antimafia (Dia). Si potrebbe risolvere l’equivoco con una telefonata ai colleghi perché si correggano. Invece Grasso prende carta e penna e scrive una segnalazione ufficiale al Csm che, insieme a quella di Tufano e Galante, dà il destro a Mastella di disporre l’ispezione nel bel mezzo dell’inchiesta. Giuliano Amato, ministro dell’Interno. L’11 luglio, in pieno parlamento, invece di occuparsi delle deviazioni che inquinano il Sismi, il ministro Amato se la prende con alcune procure, cominciare da Potenza: «sono esterrefatto per quanto accade in Italia. Mi dicono che esistono contratti di fatto tra giornalisti e chi fornisce notizie e collegamenti fra procure e giornalisti. Per cui, al momento in cui un atto viene comunicato agli indagati, viene fornita ai giornalisti la password per entrare». Quali sono le fonti di una denuncia così grave e drammatica? Amato cita «un giornalista» e poi, a tarda sera, un rapporto del prefetto di Potenza, non nuovo a dissapori con la procura e molto legato al pg Tufano. Peraltro il rapporto, riguardando presunti illeciti di magistrati, avrebbe dovuto pervenire al Csm o alla procura di Catanzaro, non certo al ministro dell’Interno. In ogni caso, lo stesso Galante smentisce qualunque cessione di password a giornalisti anche perché ci vuol altro che una password per accedere al database di una procura. Mentre scriviamo (il 17 luglio), né il prefetto né il ministro Amato hanno ancora fornito alcuna prova di quelle gravissime accuse, mentre esiste più di un elemento che fa pensare a un tragicomico equivoco, che si spera fortuito: i giornalisti sono entrati in possesso di dischetti con la copia informatica delle 3 mila pagine dell’ordinanza del gip Iannuzzi, consegnata ai difensori e agli arrestati e da quel momento non più segreta. Un fatto assolutamente lecito e normale viene usato ancora una volta per infangare i magistrati che indagano e i giornalisti che informano. E magari per preparare il terreno al colpo di spugna sulle intercettazioni, già tentato l’estate scorsa dal governo Berlusconi, ma invano. Quod non fecerunt Berluscones, fecerunt Mastellae et Amati. P.S. Henry John Woodcock non è iscritto ad alcuna corrente togata e non ha mai rilasciato una dichiarazione né un’intervista. La prova migliore del fatto che i pm non disturbano per quello che dicono o pensano. Ma per quello che fanno. Micromega, agosto 2006
Connessioni Leggendarie
Tra la metà e la fine degli anni Novanta, la rete si fa portatrice di grandi promesse di emancipazione e di una carica utopica che attraversa la società e l'economia. Mano a mano che internet cessa di essere patrimonio esclusivo degli ingegneri e della ristretta cerchia di informatici che ne avevano disegnato l'infrastruttura tra la fine degli anni Sessanta e la metà degli anni Ottanta, essa si apre progressivamente a nuovi usi sociali e a nuovi modi di intenderne la cittadinanza.
La parabola della Net.Art, l'ultima avanguardia artistica del Novecento e la prima del nuovo millennio, si consuma in meno di una decade, tra l'esplosione del Web, il boom e il crollo della New Economy. Protagonista ne è una nuova genìa di artisti che combina le tecniche di spaesamento e di comunicazione-guerriglia proprie delle avanguardie storiche con un uso spregiudicato e innovativo della comunicazione molti-a-molti e di internet.
Anche se gli artisti della rete non condividono un'estetica o un programma politico comune, nel complesso la cooperazione e la messa in rete (networking) di diverse conoscenze e competenze favorisce una rapida contaminazione degli approcci e delle modalità comunicative.
Alla ricerca formale sulle nuove possibilità espressive ed estetiche offerte dalla rete si affiancano le grandi possibilità di azione collettiva messe a disposizione dal mezzo. I due piani si sovrappongono in modo più o meno esplicito entrando talvolta in collisione con interessi economici precisi, e alimentano la produzione di storie copartecipate e collettive che vengono a loro volta amplificate e tramandate dal circo dei media.